Sant’Agostino. Nella chiesa di Sant’Agostino c’è una statua che esce dalla sua cornice. E’ il barocco al massimo della sua spettacolarità. Transetto sinistro, cappella di S. Tommaso da Villanova. Il gruppo marmoreo, di Ercole Ferrata, esce dalla nicchia e scende sull’altare. Il Santo, mollemente avvolto nella sua sontuosa veste con la mitra in testa si sporge e si illanguidisce in una posa un po’ da checca mentre lascia cadere una moneta nella mano tesa di una mendicante, bellissima e ben vestita, in piedi su una mensola più bassa e fuori della nicchia, con un bambino attaccato a un seno perfetto, anzi marmoreo, che neanche miss Italia. Sappiamo che all’epoca i poveri erano tutti una crosta e ricoperti di stracci. L’impressione è di un paternalismo (inconsapevolmente?) offensivo da parte della chiesa, committente dell’opera, non dimentichiamolo, che paga per un’esibizione della propria benevolenza. Insomma, propaganda di potere. Il risultato estetico è naturalmente sublime. Il resto non conta, è passato troppo tempo.
San Luigi dei Francesi. Molto Disneyland ma efficace il recente restauro della chiesa di San Luigi dei Francesi, dove eravamo il 22 sera per il quarto concerto del festival “Le cinque perle del barocco” organizzato nelle chiese francesi di Roma. Una serata con la Simphonie du Marais. Musiche di Charpentier, Corelli e altri. Ottimi esecutori. Ottima resa acustica nello spazio delle navate che come sappiamo mortifica le grandi formazioni strumentali, ma ha esaltato, con una amplificazione naturale, le voci, i due oboi/flauti dolci, la viola da gamba e il clavicembalo dell’organico.
Tutto è ripulito e i marmi splendono. L’illuminazione, finalmente, e noi da sempre insistiamo sull’argomento, è studiata per non abbagliare, ma anzi per creare zone chiare in alto, un richiamo verso il supremo, lasciando nella penombra i fedeli che possono alzare gli occhi senza essere accecati da fari puntati stupidamente verso il basso, proprio contro chi guarda. La trovata da Oscar è l’altare maggiore, un trionfo di marmi, pitture e stucchi bianchissimi su cui è orientato un gioco di proiettori che cambiano colore morbidamente, dal viola al giallo al blu, creando quel tanto, come dicevamo all’inizio, di hollywoodiano, inedito dalle nostre parti, ma che ci è piaciuto. In fondo, perché non portare un po’ di showbiz anche in chiesa? Con questa aumenta il numero delle illuminazioni ben riuscite a Roma. Che sono, oltre a San Luigi dei Francesi, Santa Maria dell’Anima, tedesca, Santa Maria di Monserrato, spagnola, e finalmente anche una chiesa italiana, Sant’Agnese in Agone. Ce l’abbiamo fatta pure noi. Meno male.
Santi Andrea e Claudio dei Borgognoni. Giovedì 24 maggio, stesso festival. Serata finalmente tiepida. Prima siamo passati a corroborarci con un paio di ottimi cocktail Martini al Bar Stravinskij, poi, assai ben disposti, siamo entrati in questa bella piccola chiesa barocca per un concerto di musiche di Carissimi (1605 -1674) dell’Ensemble Energeia. Di nuovo lo stupore che sempre ci prende nel confrontare due manifestazioni artistiche contemporanee, eppure così sfalsate nel tempo. L’architettura della chiesa, un pieno barocco senza eccessi, ricco di tutti gli equilibri di un’arte matura e completa, a confronto con la musica, esattamente dello stesso periodo, che invece è ancora quasi nella sua preistoria. Certo ha in sé i germi di quello che succederà dopo, ma intanto è un balbettio di melodie elementari, di armonie scarne, di strumenti dal suono e l’intonazione incerti. L’architetto Bernini è in piena attività. Per avere il musicista Bach dobbiamo aspettare ancora mezzo secolo. In eventi del genere è doppia la sensazione che colpisce noi spettatori: la commovente ed entusiastica devozione con cui questi musicisti speciali (che mai diventeranno ricchi e famosi come rockstar) compiono il rito dell’esecuzione, e la stizzosa intolleranza dei frequentatori più duri e puri che non sopportano neanche un respiro dal vicino di sedia o di banco. Più piccola è la nicchia, più fanatici sono i talebani che la occupano, questo lo sappiamo, ma i musicofili normali talvolta perdonano, i cultori della “musica antiqua”, mai.
PS. Ultime notizie. Ancora santi! E’ ufficiale. Per ridere non c’è più bisogno di andare al Circo Togni. Basta il Circo Santacecilia. Una spiegazione? Eccola. Per la sesta o settima volta, perché siamo testardi, ci facciamo una passeggiata fino al Conservatorio di Santa Cecilia, dove oggi, primo giugno è annunciato un concerto del pianista Piero Tramoni con un programma tutto di Liszt. Beh, non ci crederete, perché la faccenda supera il grottesco, anche oggi il concerto è annullato! E la motivazione? Solidarietà con gli emiliani terremotati. Il fatto è ufficializzato da un foglietto un po’ polemico sulla porta d’ingresso, evidentemente compilato dal solista offeso. Lo abbiamo copiato; eccolo: “Piero Tramoni, pur solidale con la triste situazione in Emilia, comunica che il proprio concerto di questa sera è stato annullato (e da qui in poi, scritto in maiuscolo) PER DECISIONE ESCLUSIVA DELLA DIREZIONE”. Non capiamo in che modo questa decisione possa giovare ai terremotati. Magari sarebbe stata un’idea chiedere agli spettatori un’offerta da mandare a quei poveretti. Ci sono tornati in mente i nostri giorni lontani da studenti, quando ogni evento, politico o no, era un’ottima scusa per andarcene a spasso: Trieste da restituire all’Italia (parliamo degli anni ’50), l’occupazione dell’Ungheria. Insomma: lutti, alluvioni, catastrofi, tutto era buono per saltare le lezioni. Evidentemente siamo rimasti gli stessi di allora. Immaturi.
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