Ale' ohoooo!

Ci è capitato di osservare amici civili, garbati, alcuni quasi dei cicisbei settecenteschi trasformarsi in cinghiali infuriati al solo nominare la squadre del cuore, per esempio in occasione del recente derby romano che ha visto vincere una (presunta) compagine di fighetti contro l’avversaria di sempre, gloria proletaria della Città Eterna. Con, in zona stadio, accompagnamento di bastonature, motorini incendiati e sequestro di mazze, tirapugni e coltellacci. Spiacevoli sottoprodotti di eventi sportivi che dovrebbero teoricamente riempire gli stadi di folle serene anche se vocianti, e soprattutto sportivamente esenti dal praticare qualunque forma di violenza.

Parola, quest’ultima, oggi fortemente censurata, mentre in un certo periodo della nostra storia, sotto altri aspetti civilissimo, era diventata la cifra di tutti gli intrattenimenti popolari. Parliamo del tempo dei Romani.

Stiamo leggendo in questi giorni un interessante libro di Meijer sui massacri, all’epoca presentati come spettacoli, negli anfiteatri di duemila anni fa. Che poi erano stadi come quelli di oggi, solo un po’ più belli perché di marmo e pieni di statue.

Tutti sappiamo dei gladiatori, delle belve, dei martiri cristiani (un po’verità, un po’ leggenda). Inutile riraccontarcelo.

Impressionante è invece la immensa dose di crudeltà del pubblico di allora e la contabilità delle vittime.

Dunque, ecco il programma di un giorno al Colosseo:

Al mattino combattimenti di animali selvaggi, uno contro l’altro o a gruppi, e battute di caccia in grandiose scenografie. I numeri degli animali sterminati per il divertimento del pubblico: sotto Pompeo, venti elefanti, seicento leoni, quattrocentodieci leopardi, e scimmie a non finire. Con Augusto, tremilacinquecento bestie da preda. Per l’inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio, novemila. Undicimila con Traiano. L’estinzione di parecchie specie asiatiche e africane è cominciata negli anfiteatri dell’Impero.

Alla fine della mattinata l’arena traboccava di bestie sbudellate in mezzo a un fetore di sangue e interiora. Presto tutto doveva essere ripulito e trascinato fuori per la seconda parte del programma: le esecuzioni dei condannati a morte. Che erano spettacolari, per dare l’esempio certamente, ma anche per soddisfare il gusto sadico della folla.

Uomini messi a duellare e a uccidersi fra loro, crocefissi, cosparsi di pece e bruciati, fatti squartare vivi dalle belve, addirittura costretti a rappresentare i miti della tradizione (quelli senza lieto fine, naturalmente), indossando il costume del personaggio per concludere la recita ammazzati in modi molto pittoreschi e molto graditi al pubblico. Dopo di che un simpatico personaggio con la maschera di Caronte andava in giro per l’arena menando gran colpi di mazza in testa ai caduti per accertarsi che fossero morti per davvero, e solo allora il suo compare uncinava i corpi con un gancio e li trascinava fuori. Anche loro a centinaia. A questo punto, di nuovo l’anfiteatro era pieno di sangue, viscere e cervelli.

Ancora una veloce pulizia, ché era ormai pomeriggio e dovevano cominciare i duelli dei gladiatori. Pezzo forte della giornata, che andava avanti fino al tramonto. Inutile continuare la descrizione della carneficina. Basti dire che per gli spettacoli importanti erano parecchie centinaia, se non migliaia le coppie che combattevano, e molto, ma molto pochi quelli che riuscivano a salvare la pelle. Quindi altri innumerevoli morti. In pratica i bravi cittadini romani andavano allo stadio per vedere ammazzare. Uomini e bestie. Che bella festa.

Piccola nota di colore: pare che parecchi imperatori, fra cui Commodo e Settimio Severo si divertissero a combattere anche loro nell’arena. Sarebbe un po’ come immaginare, oggi, Napolitano che scende in campo per tirare un rigore a Inter-Milan.

In fondo dobbiamo ringraziare il progredire della storia (e anche l’affermazione del pensiero cristiano) se l’ultimo esempio di sadismo spettacolarizzato contro gli animali è ormai rimasta solo la corrida, solenne porcheria ancora presentata come mito virile grazie a vecchi tromboni tipo Hemingway. Che ci auguriamo sia in via di estinzione (non Hemingway, toltosi di mezzo da solo con un colpo ben assestato, ma tutta la tauromachia).

 

PS. Sembra che non c’entri niente con stadi o arene, e invece c’entra. Si tratta di vero e proprio tifo. Stupefacente! Incredibile! Sabato 8 giugno concerto alla chiesa di S. Luigi dei Francesi: le sonate da camera di Corelli. Accademia del Ricercare, 2 flauti dolci, tiorba, violoncello barocco e clavicembalo. A Corso Rinascimento ci troviamo davanti un serpentone di trecento metri che si snoda fino alla porta della chiesa. Ma siamo matti?  Una coda da stadio per andare a sentire Corelli? Invece è proprio così. Ci intrufoliamo fingendo di essere dell’organizzazione (in questi casi è opportuno essere ben vestiti e avere l’aria decisa). Dentro, una folla compatta e fremente, i musici quasi spaventati per questa inconsueta fibrillazione da concerto rock. Poi hanno suonato benissimo con grande swing, e credeteci, perfino Corelli swingato è molto più divertente. Un successo travolgente e davvero inaspettato.

Finalmente un festival di nicchia salutato da un entusiasmo, lo ripetiamo, da stadio. E’ il Roma Festival Barocco inventato, organizzato e trascinato avanti senza certezze di sovvenzioni pubbliche, ma con una bella programmazione, un’intelligente pubblicità e molto sudore da Michele Gasbarro.

Onore al merito.

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