Lunedì 2 dicembre ore 12, Palazzo delle Esposizioni. Presentazione dell’interessante e ben costruita mostra “Il cibo immaginario 1950 - 1970”. Un’antologia di pubblicità e rappresentazioni dell’alimentazione italiana, per noi fonte di due sorprese e una constatazione. La constatazione (amara) è stata accorgerci che riconoscevamo, con pochissime eccezioni, tutti i marchi, i nomi e le confezioni di prodotti di mezzo secolo fa; il che la dice lunga sulla nostra collocazione anagrafica. Le sorprese: scoprire che la Coca Cola, che noi (probabilmente come voi) eravamo convinti fosse arrivata con le truppe americane dopo la guerra, era invece già imbottigliata e venduta in Italia fin dal 1927. E renderci conto che Aldo Grasso, uno dei testimoni della mostra nonché scrittore e giornalista, che noi abbiamo sempre letto con grande piacere e divertimento, appena presa la parola si è rivelato oratore soporifero dal timbro monotono e dalle pause estenuanti. Abbiamo fatto fatica a rimanere svegli benché i contenuti fossero come sempre intelligenti e piacevoli. E’ chiaro: non tutti quelli che scrivono bene possono aspettarsi lo stesso risultato quando parlano.
Lunedì sera, sala Santa Cecilia. Kent Nagano dirige Bruckner, la terza sinfonia. Da sempre ci accompagna la inconfessabile convinzione che Bruckner sia uno di quei cuochi che confezionano minestroni troppo pieni di troppi ingredienti, dove tutti i sapori si confondono e, malgrado ogni tanto esca qualche aroma accattivante, alla fine il piatto risulta di difficile digestione. Nagano comunque riesce a tirar fuori il meglio. L’orchestra, ottimamente preparata, ha fornito un’esecuzione superba (il piatto rimane indigesto, ma almeno la presentazione è piacevole). Professori impeccabili in frak (così vorremmo sempre vedere le orchestre), e lui che, chioma molto mossa e abbondante e scarpini di vernice, ci ha riempito gli occhi con la suprema eleganza delle sue movenze, nello stesso tempo da geisha e da samurai: samurai nel gesto da direttore, e nella corsetta dal podio alle quinte e viceversa per gli applausi, decisamente geisha, e anche molto aggraziata.
Martedì. Aria nuova al conservatorio. Nella Sala Accademica di Via dei Greci, serata per la consegna del Premio Via Vittoria ai migliori diplomati, e soprattutto alla star Sir Anthony Pappano. Mondanità e presenze illustri. Apre Stefano Mhanna, uno dei vincitori del 2007, con la toccata e fuga in re minore di Bach al grande organo della sala; magnifico suono, anche se il non stare in chiesa priva lo strumento del suggestivo eco naturale delle grandi volte. Consegna di altri premi, poi breve pittoresco discorsetto del presidente Cagli e altrettanto breve ma meno pittoresco e molto più concreto intervento di Alfredo Santoloci, da pochi giorni nuovo direttore del conservatorio, che è uno che parla poco, ma fa molto. Come si comincia a vedere già da stasera.
Finalmente arriva il momento di Pappano, a cui il premio speciale sarà consegnato da Gianni Letta. Collaudato protagonista cultural politico, cravatta perfetta, giacca dal taglio impeccabile, Letta comincia a servirci una bella pappardella, lirica, alata e soprattutto generica, con parecchie cadute nell’ovvio: tipo la universalità del linguaggio della musica, la simpatia e la comunicativa italiana in giro per il mondo, e così via banaleggiando. Dopo quasi mezz’ora ci rendiamo conto che, a meno di tagliare la corda subito, non ne usciamo vivi. Anche perché lo zio Gianni, esibendo ogni tot minuti il normale calo del tono e della tensione narrativa che precedono la fine dello sproloquio, ci illude di essere arrivato alla conclusione. Macché. Invece del tanto atteso punto fermo, ecco un ma… un però…un allora…e il discorso si riapre senza pietà con un altro carico di aneddoti e notiziole superflue. A proposito di protagonismo…
Riagganciamoci a questo “a proposito”, però non di protagonismo, ma di eco naturale. Con una galoppata ci catapultiamo alla basilica dei Santi Apostoli, dove suona e canta, immerso nella bellissima sonorità delle alte navate, l’ensemble vocale e strumentale Festina Lente diretto dall’amico Michele Gasbarro. Seconda serata del RomaFestivalBarocco con due messe di Frescobaldi. Niente mondanità, ma un pubblico sorprendentemente numeroso e attento. Chiesa grande, misteriosa, in cui si cominciano a intravvedere, nascosti nelle cappelle laterali, i primi segni dell’imminente presepio: pecorelle, personaggi col turbante, cammelli. Esecuzione fortemente partecipata con momenti di commozione non comuni in partiture ormai così lontane da noi. Siamo convinti che, oltre alla qualità degli esecutori, conti proprio l’atmosfera davvero unica di questa intensa, sonora penombra.
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