La cronaca di questa settimana comincia venerdì 4 con la mitica sagra della porchetta di Ariccia, un evento gastronomico che crediamo abbia qualche secolo di storia, forse ridimensionato negli ultimi tempi dalla consapevolezza dei rischi colesterolici indotti dal consumo della squisita pietanza, ma sempre una grande festa popolare. Merita l’arrampicata ai Castelli Romani.
Con un accostamento puramente cronologico, sabato 5, parte l’ottava edizione del Festival di Cultura Ebraica: mostre, concerti, dibattiti; ma anche inebrianti profumi di carciofi fritti e filetti di baccalà promananti dalle bancarelle nelle strade del Ghetto intorno al Portico d’Ottavia.
Le nostre papille, che gustano nello stesso modo le due specialità, ci sottopongono inquietanti interrogativi sulle prescrizioni e proibizioni alimentari che continuano a sopravvivere nel mondo: perché il baccalà sì e il maiale no? E siamo nel 2015, non venti secoli fa.
L’argomento rischia di trasformarsi in pericoloso terreno minato. Non vorremmo leggere in cronaca nera di un “Serpent Hebdo”, quindi saltiamo subito all’argomento gastronomico successivo, altrettanto saporito ma più innocuo.
La presentazione, giovedì 10, del Foodblogger Social Night, un evento dell’Estate Romana, con musica, proiezioni e, come protagonista, naturalmente, il mangiare e il bere. Ambientato nel nuovo, ben concepito e ben costruito mercato rionale di Testaccio, nato su una zona dell’antica Roma dedicata allo smistamento e allo stoccaggio degli alimenti che arrivavano via mare al porto di Ostia, per risalire su chiatte il Tevere e sfamare troppo i ricchi e troppo poco i poveri. Struttura che rispetta i tanti elementi archeologici presenti, non monumentali, ma interessanti per il loro riferimento alla quotidianità del cives romanus, come il Monte Testaccio, la grande discarica storica cresciuta sull’accumulo dei cocci delle anfore olearie spedite dall’Iberia, svuotate all’arrivo e rotte perché non riutilizzabili.
Ci ha invitato Elisabetta Castiglioni, ufficio stampa dell’evento, e sul posto ci ha fatto ritrovare un amico che non vedevamo dai tempi di “Quelli della Notte”, Andy Luotto, fornito di una rispettabile pancetta e di un impeccabile completo da cuoco. Ce lo ricordiamo quando faceva il finto arabo (pare che avesse ricevuto anche minacce di morte da qualche non identificata cellula islamica). Si è trasformato in un popolarissimo consigliere e narratore del cibo.
Basta con il mangiare, ma non perdiamo il collegamento con la storica trasmissione TV, perché mercoledì 8 è cominciato al Teatro Studio Borgna del Parco della Musica il Festival Jammin’ 2015, organizzato dalla St. Louis Music School.
E chi era la star della prima serata? Gegè Telesforo, altro personaggio di spicco del gruppo di Arbore, il quale non è passato alle pentole, ma è rimasto nella musica, diventando un superbo performer (e insegnante) di scat.
Ha cantato prima con un notevole trio di giovanissimi, il “Three for play”, e poi con la big band, il “Saint Louis Combo”.
In questa prima serata, come nelle tre successive, a parte la presenza di grandi ospiti, come Rosario Giuliani, Javier Girotto e altri, quello che salta agli occhi, anzi alle orecchie, è la impressionante preparazione tecnica e virtuosistica dei musicisti giovani.
Sono tutti bravissimi, e forse proprio per questo tendono a esagerare e a farcire ogni brano di continui cambi di tempo, di metrica, di tonalità, facendo stop inaspettati e riprese imprevedibili, tutto naturalmente eseguito senza una sbavatura, in brani che spesso durano un numero spropositato di minuti.
Insomma, l’ascoltatore medio (noi) che ogni tanto vorrebbe rilassarsi e seguire un tema orecchiabile che si distenda su uno schema semplice, con poche note (quelle giuste naturalmente), e arrivi in fondo senza fatica, si ritrova ad annaspare all’inseguimento dei sette noni che si alternano senza tregua ai dodici quindicesimi. E non può neanche arrabbiarsi perché, come abbiamo detto, sono tutti bravissimi.
Piccola osservazione che tradisce la nostra età: ormai i suonatori non hanno più davanti agli occhi i fogli pentagrammati di una volta, magari quattro o cinque in
fila sul leggio. Adesso c’è l’iPad, perfetto perché dentro c’entra tutto; però abbiamo visto più di una volta il pianista calibrare male la strusciata del polpastrello per girare il foglio
virtuale, e trovarsi in difficoltà ad andare avanti sulla tastiera.
PS. Tanto per non perdere la nostra sana abitudine al cazzeggio.
Riceviamo dal Rettorato della Sapienza il seguente invito: “Eugenio Gaudio, Magnifico Rettore della Sapienza Università di Roma, e Francesca Fortuna, Direttore Generale dell’Istituzione Universitaria dei Concerti, sono lieti di invitarla, ecc. ecc.
Così come è scritto, prendendo solo le parole in corsivo, guardate che splendido motto beneaugurante viene fuori: “Gaudio
Magnifico, Sapienza e Fortuna”.
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