Padre Pio nel terzo millennio

26 negozi di moda, scarpe, bigiotteria e profumi, 9 di souvenir e paccottiglia, 14 robivecchi, 6 bar, 3 ristoranti, 1 barbiere, 1 ottico, 3 paninoteche, 1 supermarket, 1 gelateria, 1 kebabbaro, 1 negozio di soldatini e perfino un laboratorio di ricostruzione unghie. Oltre a questi, sono rimasti solo cinque legittimi eredi che lottano per sopravvivere alla fine del mito di Via dei Coronari, da sempre la strada dell’antiquariato.

E allora, perché parlare di una via che è lo specchio del cambiamento di cui tutti si lamentano (era meglio prima, quando c’erano gli artigiani, eccetera)?  L’evoluzione non si ferma, lo denuncia il nome stesso della strada: all’inizio c’erano i venditori di rosari (le corone) poi sono venuti gli antiquari, oggi le turisticherie, poi si vedrà.

Ne parliamo perché in uno slargo proprio su Via dei Coronari si innalza maestosa, e anche un po’ pesante come stile, la chiesa di S. Salvatore in Lauro, il cui parroco è un appassionato e frenetico ammiratore di Padre Pio da Pietrelcina.

 

In questi giorni è freneticamente e appassionatamente indaffarato, insieme ai collaboratori, a preparare i grandiosi festeggiamenti del giubileo per la sua star. Come si può vedere in questa foto caravaggesca (tutti abbiamo presenti i quadri di Michelangelo Merisi in cui il primo piano è spesso occupato da poveri popolani, e il santo è sullo sfondo), qui abbiamo in bella vista il sederone del sacrestano che pulisce il pavimento e la devota perpetua alle prese con i lumini.

In secondo piano, invece, si prega di prestare attenzione alla scultura iperrealista (il materiale è la vetroresina) in cui Gesù ha un look da hippy fuori epoca e Padre Pio, che nelle intenzioni dello scultore dovrebbe aiutarlo a portare la croce, sembra una specie di maniaco che lo segue minaccioso.

Tanto don Pietro è un ammiratore di Padre Pio che, oltre a dare in suo nome una bella, lodevole spinta di vivacità, aggregazione, addirittura spettacolo alla parrocchia, ha riempito la chiesa di reliquie del Santo.

Che sono poi più o meno le stesse per tutti i santi contemporanei: dei mezzi guanti macchiati di sangue delle stimmate, una stola, un mantello.

Sono fuorilegge le vere reliquie corporali, reperti anatomici che un tempo valevano oro. Non si usa più bollire, smembrare e smistare il corpo dei santi come tranquillamente si faceva in passato. Quando avere in sacristia il femore di un beato, sull’altare il teschio di una vergine martire o sotto vetro il prepuzio essiccato di Gesù Bambino, conservato dopo la circoncisione (richiestissimo, e rivendicato da una dozzina di chiese nel mondo), era sicura garanzia di pellegrini in città, e quindi di business.

 

Oltre che di reliquie, la chiesa è piena di statue del Santo, una più discutibile dell’altra. Da cui, lasciando da parte il livello artistico, viene fuori o un ridicolo look da Babbo Natale o una faccia fieramente antipatica e poco cristiana. 

E’ un fatto che una volta, certo complice la mancata testimonianza incontrovertibile della fotografia, si usasse stravolgere e adeguare al mito, migliorandola, l’immagine del venerabile.

 Gesù, che era un palestinese povero di duemila anni fa, non poteva che essere come lo ha rappresentato Pasolini nel Vangelo: un piccoletto esile, e scuro di pelo. Non certo quel ragazzone biondo, alto e con gli occhi azzurri in cui si è trasformato nel corso dei secoli. Come di sicuro sono stati photoshoppati la maggior parte dei santi medievali. San Francesco pare che fosse poco più di uno e quaranta, senza denti e butterato dal vaiolo. Non è così che ce lo raccontano.

 E’ chiaro che la fede supera il ragionamento e l’estetica, ma, proprio perché è una manifestazione irrazionale, di solito si serve di immagini fantasiose.

 E invece Padre Pio continuano a somministrarcelo com’era, senza migliorie. Forse non è passato abbastanza tempo, forse le sue foto da vivo sono troppo fresche per essere smentite. Certo è che nulla si è fatto per ingentilire quella sua faccia da contadino astioso, quella barbetta più diabolica che divina, quella bocca atteggiata a disgusto, quello sguardo così poco rassicurante.

Secondo noi il miracolo vero è che, anche in mancanza di una biografia buonista e una faccia simpatica, i fan di Padre Pio continuino ad aumentare ogni giorno.

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Commenti: 2
  • #1

    RDB (lunedì, 08 febbraio 2016 00:35)

    Conosciamo la statua, vista dal vivo è molto più inquietante che in foto. Davvero non si avverte niente di santo e niente di bello guardandola. Chissà forse è un nuovo modo di ritrarre l'irrangiungibile, in molto raggiungibile. Bella invece la schiena dell'operaio nella foto Caravaggesca.

  • #2

    Alessandro Orlandi (lunedì, 15 febbraio 2016 01:26)

    Effettivamente la bellezza ed il buon gusto non abitano nello sguardo dei preti cristiani. Costruiscono chiese che sono una via di mezzo tra un'astronave di cemento pronta a decollare e il bunker di Hitler (un esempio tremendo che è divenuto il prototipo di chiesa moderna: la chiesa dedicata a Giovanna D'Arco a Rouen), commissionano vetrate e statue che, o sono minacciosamente iperrealiste, come nel caso della statua in vetroresina qui rappresentata, oppure sembrano concepite da un bambino daltonico con gravi problemi cognitivi. Il tutto avvolto da una nube di sentimentalismo zuccheroso e stucchevole e da una macabra e morbosa visione di ciò che ci attende nell'al di là. Infine è stupefacente il capovolgimento dell'idea stessa di pellegrinaggio: non sono più i fedeli a recarsi presso le tombe dei santi defunti ma, per salvare il Giubileo e rimediare alla scarsa affluenza dei pellegrini a Roma, sono i morti che viaggiano e vanno a trovare i vivi. Una salma che viaggia come Phileas Fogg è l'ultima invenzione dell'estetica cattolica.