L’altro giorno siamo capitati a S. Martino ai Monti, una chiesa vecchissima e nobilissima, deserta come lo sono tutte in questo periodo, e ce la siamo girata in santa pace, ma con un paio di soprassalti che vi andiamo a illustrare.
Navata di destra, un grifagno pupazzo dipinto e severamente abbigliato impersonante il Beato Angelo Paoli, Carmelitano, disteso nella pace eterna in una teca a vetri a forte illuminazione.
Navata di sinistra, altra teca con un altro pupazzo dipinto: Sant’Alberto, anche lui Carmelitano, più rilassato, in veste ufficiale e accessoriato di aureola.
Sono chiaramente gli intermediari del titolare, a cui rivolgersi per richieste di favori o miracoli. (Comunque in un angolo c’è una terza teca molto più piccola con un anonimo Cristo seminudo, probabilmente lì per obbligo contrattuale).
E’ chiaro che queste personificazioni popolari di santi e beati all’epoca avevano per i fedeli una loro funzione comunicativa, proprio perché si presentavano nei colori e con i vestiti di persone reali a cui era più facile parlare.
Magari poi capitava, per puro caso, di trovare su un altare qualcosa di diverso, come la Santa Teresa del Bernini nella chiesa di S. Maria della Vittoria. Forse questo non provocava sussulti immediati nel poco sensibile popolo dei parrocchiani, ma a qualche anima nobile qualche brivido di estasi artistica lo scatenava di sicuro e un segno certo lo lasciava.
Un’emozione di questo tipo poteva essere utile per un miglior funzionamento della ditta? Non lo sappiamo, comunque noi posteri siamo contenti: ci siamo trovati, senza meritarlo, qualcosa di bell’e pronto da godere.
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