E’ da un paio di giorni che la trattoria sotto casa ha finalmente riacceso i fuochi e piazzato sui sampietrini i tavoli ai quali noi, forzati finora a osservare quella orrida pratica nota come asporto, o per i più chic take-away, ci siamo finalmente potuti sedere e gustare (in pasti separati) una bella impepata di cozze e un sontuoso piatto di porchetta.
Beh, non tutti, e siamo nel ventunesimo secolo, oserebbero fare lo stesso. E noi non ci capacitiamo.
C’è chi trova che dal punto di vista alimentare oggi la vita sia complicata. Lo era ancora di più secoli o millenni fa. Anche e soprattutto perché ogni giorno allora si rischiava di morire di fame. Destino comune a tutti gli animali, ma che l’uomo poco alla volta avrebbe dovuto imparare a evitare.
Invece no. Per soddisfare le sue esigenze spirituali e cancellare la paura della morte ecco che lo sconsiderato pitecantropo si inventa una religione e un dio che, attraverso i suoi rappresentanti che tutto ci sembrano tranne esperti di cucina, gli dice cosa può mangiare e cosa no.
E da allora tutto si complica: no all’immondo maiale, anatema sui gustosi frutti di mare, Il pesce va bene, ma solo quello con le squame e le pinne e solo in certi giorni; il lievito: per carità! Agnelli e capretti sì, ma macellati in un modo e non nell’altro, mucche e vitelli: benissimo da una parte del mondo, assolutamente no dall’altra. E niente vino o birra, eh!
Però l’essere umano si evolve e ci si augura che poco alla volta queste regole alimentari, (probabilmente, ma non ne siamo così certi, dettate da necessità igieniche di millenni fa) tendano a stemperarsi in una semplicità meno rigida e soprattutto più comoda per tutti, cuochi e clienti.
Macché! Evidentemente la regola, che più è rigida meglio è, rimane una necessità per l’uomo, il quale, se è troppo libero, anche solo di scegliere cosa mettere sotto i denti, non è contento. E allora, oggi che ci sarebbe a disposizione di tutto e anche bene igienizzato, un nuovo dio terribile è emerso dalle profondità dell’anima, che come è noto è ubicata nei pressi del diaframma.
Si chiama nutrizionista. E il suo diavolo è la caloria. E ricomincia il terrorismo. Non più basato sullo zoccolo fesso o sulla conchiglia, ma sul radicale libero e sul grasso saturo. E ti capita di sentire nell’amico che ti snocciola la dieta prescritta, lo stesso fiducioso abbandono che avverti nelle ispirate parole del fedele che ti rifiuta l’offerta di qualcosa di squisito perché il suo dio glielo ha proibito.
Vai a capire l’essere umano: se la gabbia non c’è, se la costruisce da solo.
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