N° 492 - Colonne

Roma, centro storico, domenica. Appena usciti dal portoncino, ecco la grande colonna di granito grigio che sostiene l’angolo di casa nostra, sprofondata nel terreno fino alle cantine. Un salto dal giornalaio e contiamo una decina di spezzoni di colonnine usati come paracarri. Un cappuccino al bar che ha al centro della sala (per la cronaca è il Bar della Pace) una colonna di meraviglioso marmo lisciato, quasi ammorbidito da secoli di carezze; e finalmente una capatina in chiesa, dove c’è il meglio del meglio.

Questo, in una normalissima passeggiata di pochi metri. Colonnone e colonnine riutilizzate, magari dopo essere state sepolte per qualche secolo sotto la sabbia del fiume. Perché è così che sono spariti e si sono salvati, un’inondazione dopo l’altra, i resti della magnifica architettura, e soprattutto dei magnifici materiali usati da Roma (un pezzo di cemento vecchio di venti anni è sbriciolato, scrostato, brutto; un pezzo di marmo vecchio di venti secoli è solo impolverato. Una sciacquatina e ridiventa splendido).

 

Bene, le colonne grandi, belle e in buono stato si sono trasferite nelle chiese, e sono centinaia; quelle rotte sono diventate paracarri e guardaportoni, e sono migliaia. Di tante altre siamo riusciti, con una piccola indagine, a ritrovare la destinazione.

Per esempio il pavimento di S. Agostino. Bellissimo, variopinto, lussuoso, ornato di losanghe, rombi e quadrati al centro dei quali ci sono perfette circonferenze di splendido marmo. Che non sono altro che fette di colonne tagliate come fossero salami e inserite nelle geometrie su cui si cammina.

E poi ci sono i portoni dei grandi palazzi nobiliari, papali, cardinalizi, che naturalmente hanno una soglia in cui sono scavati i solchi per le carrozze che entrando nel cortile dovevano seguire quelle guide per non andare a raschiare gli stipiti con i mozzi delle ruote.

 

Bene, quei monoliti su cui noi poggiamo i piedi meravigliandoci del bellissimo granito rosa o grigio di cui sono fatti, sono anche loro colonne (di qualche tempio, salone o peristilio), solo che invece di essere tagliate a fette, sono tagliate per il lungo, in modo che la parte arrotondata vada adagiata sul terreno, mentre quella dritta rimanga a vista, con, scalpellati nel fusto originale, i piccoli solchi antiscivolo per le pantofole dei cardinali e quelli grandi per le ruote delle carrozze.

E il meccanismo di questo recupero si capisce andando a vedere questo bellissimo frammento rilavorato di granito grigio, in cui si vede bene la curva della colonna nella parte di sotto e la lavorazione per la nuova destinazione in quella di sopra.

Lo trovate buttato a terra insieme ad altri marmi lungo il sentiero che porta alla Casina delle Civette di Villa Torlonia.

 

Merita: è bello e istruttivo.

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