Metti, un pomeriggio avanzato. Sono ore che cammini e già fa buio. Sei stanco, scocciato, e anche un po’ confuso dalla gente, dai negozi, dalla città, e ti vuoi riposare. Magari anche riflettere in un posto tranquillo e, perché no, perfino dire una preghiera.
Che fai? Entri in una chiesa. A Roma ce ne sono tante, e belle. Diciamo che spingi la porta di San Lorenzo in Damaso, a Piazza della Cancelleria. Per essere tranquilla, la chiesa è tranquilla, e silenziosa, e soprattutto vuota. E che succede? Perché ti prende quello smarrimento infinito? Semplice, perché la chiesa è così desolatamente buia che sembra un’orrida caverna. C’è da immaginare grappoli di pipistrelli appesi là in alto, dove l’oscurità nasconde ogni cosa.
E allora via di qua. Andiamocene alla Chiesa Nuova, S. Maria in Vallicella: grande, barocca e piena di quadri, statue e due magnifici organi d’oro. Qui l’antro è più ampio e più sontuoso, ma sempre disperatamente buio. Si sa che ha anche un soffitto splendidamente affrescato: saperlo è un conto, vederlo un altro. C’è qualche lampada accesa, ma è stupidamente puntata verso il basso, contro gli occhi dei fedeli, che ne restano smarriti e abbagliati.
La soluzione ci sarebbe, semplice ed economica. Dov’è Dio? In alto. E dove sta il fedele in preghiera, o anche il semplice curioso di arte? In basso. E allora, invece di puntare fari da terzo grado negli occhi dei poveri visitatori, basterebbe illuminare i soffitti e le volte con luci diffuse (e nelle chiese i cornicioni per nasconderle non mancano davvero) e lasciare nella penombra banchi e confessionali. Non è che la bellezza impedisca la preghiera, anzi. Una bella casa suggerisce che il padrone ci ospiterà con stile. Non serve altro. Tranne, come sempre, un briciolo di buon gusto.
Invece no. Perché il cristiano mica è lì per divertirsi. Può, sì, provare qualche fremito artistico, che però gli deve ricordare sempre la polvere da cui viene e a cui ritornerà.
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