San Salvatore in Lauro è una bella (ma non straordinaria) chiesa inserita nel centro barocco di Roma. La sua straordinarietà non è architettonica, ma celebrativa, dovuta al suo parroco che è un ar-rabbiato, fanatico e organizzatissimo devoto di Padre Pio.
Ci siamo capitati giovedì 23, giorno di celebrazione solenne con il cardinale, la banda in piazza e sciami di fedeli altrettanto arrabbiati del loro parroco, in fila per inginocchiarsi davanti alle nume-rose reliquie in mostra nella chiesa e per accarezzare con mani tremanti l’effige del loro santo, ritratto mentre aiuta Gesù a portare la croce, in un gruppo in vetroresina (secondo noi molto discutibile sul piano artistico, non evidentemente su quello della fede) che occupa la prima cappella a destra.
Niente di stupefacente: le manifestazioni di devozione popolare sono infinite e si ripetono in ogni occasione e in ogni angolo della nostra città e del mondo. E non c’è indagine scientifica che basti a smentirne la veridicità. D’altra parte la fede chiede di credere, non di capire.
Solo qualche giorno prima avevamo scattato di nascosto questa foto nello stesso punto della chiesa; in corso la preparazione dell’evento.
Una foto che ci richiama immagini caravaggesche: rubata, come rubati dalla realtà sembrano i quadri di Caravaggio, e ci permette di rifarci al titolo del nostro articoletto.
Eccola: anche qui c’è un voluminoso fondoschiena in primo piano, quello del sacrestano che la-va il pavimento mentre la perpetua si occupa dei lumini. E sullo sfondo, il gruppo in vetroresina, sul quale ripetiamo il nostro giudizio, che qui, dove l’opera si vede meglio, ci piacerebbe fosse confermato dal vostro.
E passiamo dal sederone del sagrestano a quelli di Caravaggio.
Troppi se ne vedono nei suoi dipinti, e non solo umani ma anche di cavalli (la conversione di S. Paolo). Ci colpiscono questi, da Santa Maria del Popolo e da Sant’Agostino.
Poco rispondenti alle esigenze del soggetto sacro, secondo i committenti ecclesiastici, e questo appare comprensibile; inopportuni, secondo i committenti nobili, in quanto espongono la miseria del-la povera gente, e anche questo colpisce l’occhio; irrispettosi, secondo i teologi perché con il loro messaggio troppo umano relegano in secondo piano quello religioso. Amen.
Non c’è da meravigliarsi dei continui rifiuti che il nostro artista riceveva ogni volta che consegnava un’opera.
Basta un’occhiata alla Crocefissione di S. Pietro: eccolo là, in mezzo a tutto quel dolore, il carnefice indaffarato con chiodi e corde e con i piedi luridi in bella vista e il sederone per aria.
E nella meno drammatica ma sempre altamente umana Madonna dei pellegrini, ancora i piedi sudici, in questo caso anche quelli della Madonna, e ancora in primo piano il didietro dell’umile, miserabile viandante inginocchiato in adorazione di Maria. Sederoni in chiesa.
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