Roma G 20, fine ottobre 2021. Un presente nerissimo. Tutti a colpevolizzarsi: io produco più fumi, tu distruggi le foreste, lui stermina gli animali. Siamo sull’orlo del baratro. Anzi siamo all’ultimo minuto prima di mezzanotte, poi l’inferno. Tutta colpa nostra. Perdono, perdono… Intanto, nelle pause, i Grandi se ne vanno a fare i turisti alle Terme, al Colosseo.
Beh, duemila anni fa, quanto a danni per l’ambiente, Roma era peggio della Cina.
Le Terme. Girare fra le costole di questo fossile storico è un’esperienza totalmente opposta a come doveva essere entrarci nel terzo secolo.
Il turista si nutre, oggi, di quel silenzio pieno di storia e suggestione, di mattoni corrosi dal tempo e fioriti di capperi, del canto di cicale al sole che danno un senso pieno di nostalgico raccoglimento alla visita.
Invece ci dobbiamo immaginare le millecinquecento persone che riempivano, allora, gli enormi saloni facendo tutti insieme il bagno, la depilazione, i massaggi, la ginnastica, litigando di politica e di sport, vendendo e comprando di tutto: insomma, per citare Seneca, attendibile cronista dell’epoca, nelle terme c’era un “chiasso infernale”.
Le Terme di Caracalla: uno fra gli stabilimenti pubblici più grandi di Roma, sono anche un monumento allo spreco e al disprezzo, o forse solo all’inconsapevolezza ecologica, specchio, insieme agli anfiteatri, del periodo più orribilmente splendido dell’Impero Romano.
Certo: statue magnifiche riempivano ogni angolo, marmi colorati incrostavano le pareti (spaccati a mazzate mille anni dopo per farci i pavimenti cosmateschi delle chiese medievali), colonne immani sostenevano le volte altissime, poi crollate liberandole dal loro peso e permettendone il trasporto in piazze rinascimentali per servire di base a madonne o granduchi.
Tutto questo è vero, ma è anche vero che giù, nell’infernale labirinto sotterraneo lavoravano e morivano migliaia di schiavi per fornire l’acqua calda ad altrettante migliaia di fannulloni romani che passavano le giornate a divertirsi al piano di sopra in uno dei posti più formidabili di tutta l’antichità.
I tanti forni che mandavano avanti le terme bruciavano decine di tonnellate di legna ogni giorno e sappiamo che in città di stabilimenti simili, anche se non tutti così grandi, ce n’erano parecchi.
Ovvio che questa follia ustoria finisse con il pelare delle loro foreste prima le pianure intorno a Roma, poi i colli del Lazio, poi praticamente tutta l’Italia. Desertificata per far sguazzare al caldo una folla di lazzaroni.
E gli spettacoli circensi? Una calamità quasi biblica.
Ok i duelli dei gladiatori: il genere umano si riproduce abbastanza velocemente. Un po’ peggio le esecuzioni pubbliche dei condannati a morte, perché presentare lo sbudellamento di persone in forma di sadico spettacolo davanti al pubblico non sembra davvero una cosa carina né corretta. Comunque il cives romanus non si è estinto.
Quello che invece le caccie figurate e i combattimenti fra animali selvaggi finirono col provocare fu l’estinzione degli ippopotami in Nubia, dei leoni in Asia, delle giraffe in Libia e così via per un gran numero di altri animali. Massacrati per far divertire altre moltitudini degli stessi lazzaroni sulle gradinate del Colosseo.
Certo, poi uno si incanta davanti alla potenza di queste strutture, rimaste nude dei marmi ma non della loro maestà, e dimentica tutto il resto perché quello che vede è sempre l’immagine grandiosa di Roma.
Ma non venite a dirci che prima era meglio, perché non è proprio vero.
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