Imputata oggi è la Chiesa.
Si comincia con gli acquedotti, e in particolare il Claudio, che è di sicuro il più maestoso e bello di tutti: una perfetta opera d’arte ingegneristica messa insieme con massicci conci di tufo tagliati tanto bene che ancora adesso quelli che rimangono sembrano saldati e non ci si infila una formica, figuriamoci uno scalpello.
Passa un secolo, ne passa un altro; gli archi, per quanto ben costruiti, cominciano a vacillare ed ecco rendersi indispensabili i muri di rinforzo in mattoni e malta che ne rovinano l’estetica ma li tengono in piedi.
Man mano che il mondo imbarbarito diventa sempre più miserabile, quei massi tagliati così bene si trasformano in un ghiotto bottino per tutti. E allora, vostro onore, il reo, la Camera Apostolica che ne è diventata proprietaria, prende la brutta abitudine di vendersi un arco di qua, due di là, al migliore offerente, che naturalmente li smantella da cima a fondo.
I rinforzi di mattoni, inutilizzabili, rimangono ma i bei tufi cominciano a scomparire con destinazioni varie, più o meno nobili.
Ed ecco la prova definitiva della grande rapina: un tratto della struttura, dove gli archi originali sono scomparsi lasciando la loro impronta in negativo sui muri di emergenza costruiti per sostenerli, su cui si vede ancora il disegno dei tufi così ben tagliati e poi strappati via.
Un lavoro di giganti sbriciolato da insolenti implacabili formiche.
E adesso riparliamo di colonne, perché anche loro non hanno finito di soffrire. Diventate stipiti d’ingresso alle chiese, la loro meravigliosa superficie lucidata da pazienti carezze di passati marmisti (anche loro poveri schiavi, probabilmente) è stata nei secoli trapanata senza la pietà cristiana che avrebbe meritato per infilarci i sostegni di cancelli e portoni. Chiusure che naturalmente nel tempo cambiavano forma e misura, per cui giù nuove perforazioni senza neanche pensare di otturare le vecchie (qui siamo a S. Vitale a Roma).
Altre colonne finivano affettate per lungo e interrate a segnare il limite sacro. Certo che marcare l’ingresso nella casa del Signore è un nobile compito, ma poteva anche essere affidato a pietre comuni. Il fatto è che siccome bastava scavare nei dintorni per trovare una colonna bell’e pronta, allora, evidentemente, la tentazione diventava troppo forte…
E poi, specialmente dopo la furia moralizzatrice scatenata dal Concilio di Trento, sono partite le spedizioni punitive contro qualsiasi accenno a nudità e, Dio ne scampi, esibizioni di attributi genitali, perfino del genere dichiaratamente inoffensivo proprio a putti e angioletti.
E qui, sfiorando il ridicolo con l’obliterazione materiale dei succitati attributi tramite pennello e scalpello, la smania iconoclastica della chiesa ha fatto non pochi danni a pitture e statue (pensate alle braghe imposte al Giudizio Universale di Michelangelo e date un’occhiata a questo povero putto mutilato e rattoppato di Santa Maria dell’Anima) senza salvare, ci scommettiamo, dal fuoco dell’inferno neanche l’ultimo dei peccatori.
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