La corte ha emesso il verdetto. La città di Roma è riconosciuta colpevole di leso cittadino. Lesioni gravi ma per fortuna non si tratta di omicidio. Da quasi trenta secoli si ripete il miracolo: la par-te lesa non soccombe. Nessuno è mai riuscito a capire come, ma il cives romanus sopravvive sempre a tutti gli attentati che la sua città organizza contro di lui.
Avremmo un’ipotesi per definire la strategia che permette questa sopravvivenza ad oltranza del romano: la rinuncia. A cosa? A reagire alle provocazioni.
E allora, emesso il verdetto, vediamo, a costo di ripeterci, di elencare qualcuna di queste provocazioni. Ne esce una lista imprevedibile, fantasiosa, fatalistica.
Pochissime parole. Bastano le immagini.
Lungotevere Aventino. Dietro una esile cancellata, esposto alla pioggia e, come si vede, all’attacco di muschi e licheni, giace un deposito di marmi antichi con il quale si riempirebbe facilmente un museo.
Fra questi, imponenti i frammenti di una vasca di granito egiziano larga un buon cinque metri. Più cornicioni, lapidi, stemmi e come si diceva una volta, anticaglie varie.
Palazzo Madama, Senato della Repubblica. Oltre a una camionetta dei carabinieri, a tutela della sicurezza dell’edificio contro eventuali assalti del popolo infuriato c’è una bellissima elegante cancellata di acciaio brunito, che può essere chiusa in ogni momento dagli stessi carabinieri, ma che normalmente rimane aperta.
E in che modo viene mantenuta aperta questa brunita cancellata, costantemente sotto gli occhi dei turisti che affollano la contigua Piazza Navona? Con un’elegante catena di acciaio altrettanto brunito? Macché: all’uopo basta un pezzo di cavetto da antenna TV annodato alla bell’e meglio che quando serve si scioglie in un attimo, altro che catena!
Fontana di Piazza Monte Grappa. Un originalissimo mascherone in travertino rappresentante la Dea Roma, opera di Igor Mitoraj, con l’acqua discendente a cortina dalla fronte lungo il volto, offerto anni fa dalla Confindustria alla città di Roma.
Il travertino è poroso e, bene innaffiato, ci ha messo solo qualche settimana a ricoprirsi di muschio, dopodiché si è rotto il tubo e l’acqua ha smesso di scendere. Il muschio è rimasto, si è annerito e intanto è morta, non innaffiata, la siepe piantata intorno al bacino, che è diventato presto un immondezzaio, pieno di cartoni vuoti di Tavernello. La Dea Roma ringrazia per il trattamento, i barboni brindano e la Confindustria stupisce in silenzio.
Terme di Traiano, Parco del Colle Oppio. Qui prima c’era la Domus Aurea di Nerone, poi Traiano ci ha costruito le sue terme, poi c’è stato un bell’intervallo di più di un millennio e finalmente è arrivata Roma Capitale con l’urbanizzazione, seguita dal Ventennio durante il quale si è creato il parco.
E poi, altro che i secoli bui, c’è stato il vero abbandono e adesso tutta la zona è un parcheggio di poveri extracomunitari che ci vivono come bestie e ci seminano i loro rifiuti.
Osservare questa bella fossa riempitasi nel tempo di: marmi pregiati, vestiti stesi ad asciugare, stracci abbandonati, sacchi da immondizia, immondizia sciolta sparsa con cura sull’area e, questo non si vede ma si sente sul posto, una gran puzza.
E si potrebbe continuare…
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