Anche il più calmo di noi si può sentire stuzzicato a superare i propri limiti. Vi presentiamo un argomento che di sicuro può fare da miccia. Basta un’occhiatina a questa pagina del supplemento Medicina di Repubblica di qualche giorno fa per capire di cosa stiamo parlando.
L’articolista racconta dell’abituale presenza del pianista (nonché biologo cellulare) Emiliano Toso e del suo strumento in una sala operatoria di Roma durante gli interventi di procreazione assistita con l’innesto di embrioni fecondati. Benissimo: che un po’ di musica possa mettere a suo agio il chirurgo è un fatto, ma quello che si accenna, anche se con molta prudenza, nell’articolo è che la musica stessa, e precisiamo, con il la del pianoforte accordato a 432 Hz (come all’epoca di Mozart), potrebbe convincere l’embrione ad attaccarsi meglio all’utero. Ecco, questo ci avvicina ai limiti di cui sopra.
In passato abbiamo letto di mucche che producevano più latte e di qualità migliore se nella stalla era diffuso, diciamo, Beethoven invece che Wagner.
Abbiamo sentito raccontare di una certa lattuga che cresceva più rigogliosa in una serra sonorizzata, anche se i giardinieri non avevano ancora scoperto se era meglio la classica o il rock.
Stupefacente. Ma la musica è un fatto di cultura, di studio, di consapevolezza; perfino l’uomo primitivo quando sbatteva insieme due pietre ricavandone un ritmo, non lo faceva a caso. Ci metteva dentro cervello, cuore e anche un pizzico di tecnica.
Quindi la prima domanda, ovvia, che viene in mente è: dove ha studiato la mucca per capire e soprattutto apprezzare la differenza fra Beethoven e Wagner; e come fa la lattuga a sentire la musica se le orecchie non le ha. E, se è per questo, non ha neanche l’elaboratore centrale, altrimenti noto come cervello. E non ce l’ha neanche l’embrione: anche se magari da grande diventerà un famoso critico musicale, per ora è solo un grumo di cellule.
Galline, pecore, cavolfiori e vongole, come riescono a distinguere fra una serie di vibrazioni organizzate, che sono musica, e un Black and Decker che produce anche lui vibrazioni, che però musica non sono?
Se invece le balzane teorie che abbiamo appena esplorato avessero un fondamento, sta a vedere che il bum bum dei bassi nella disco music, che in genere marciano sui 60 battiti di metronomo (più o meno sincroni al ritmo cardiaco di una persona media) e che ci tormentano dai locali sotto casa nelle più accese notti di movida, potrebbero rivelarsi un valido sostituto del pacemaker.
Bisognerebbe appurare se i ventricoli e le coronarie riescono a sentirli e soprattutto capirli, questi bum bum.
Sarebbe una bella svolta nella cardiologia.
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