Bisogna sapere che nel pieno centro di Roma c’è Via Parigi: sul suo lato destro il gigantesco muro esterno delle Terme di Diocleziano, sul sinistro un moderno palazzo che ospita una quantità di importanti uffici e di banche; in fondo il Ministero.
Dietro al mattatoio all’aperto di Dakar, nella discarica di Benares, ai piedi della favela di Rio; nei nostri viaggi, di puzze ne abbiamo sentite e belle forti, ma mai così paralizzanti come quel muro di fetore che ci blocca appena imbocchiamo Via Parigi.
Contigua al Grand Hotel, alla chiesa ufficiale dello Stato, Santa Maria degli Angeli, a due importanti musei, al Ministero delle Finanze, alla stazione ferroviaria, a Piazza della Repubblica, all’Aula Ottagona dove ora c’è la mostra “L’Arte Salvata”, organizzata dai Carabinieri della tutela del patrimonio artistico (stiamo insistendo con la lista, e potremmo andare avanti ancora un bel po’, ma ci fermiamo qui per lasciarvi rifiatare), Via Parigi, dicevamo, e precisamente il suo marciapiede sul lato delle Terme, è dove dobbiamo riconoscere che, ancora una volta, Roma non ce la fa.
Ci siamo passati qualche giorno fa verso mezzogiorno. Altro che rifiatare: una latrina, una bomba olfattivo. Anche da guardare, uno spettacolo orribile, se è per questo.
Il sole rovente della stagione contribuisce a cuocere a puntino le decine di torte umane che coprono impudicamente il marciapiede. Mescolate a stracci abbandonati, cibo marcio, gabbiani e topi morti, evidente eredità dell’abiezione di quei diseredati che di notte abitano la strada.
Non riusciamo a capire come, nel cuore artistico, turistico, commerciale di una città, possa esistere questo letamaio.
La ripetiamo, questa parola, perché se noi siamo scandalizzati, come mai questo scandalo non tocca la Sovrintendenza, i Consigli di Amministrazione delle Società e delle Banche, la Direzione del Grand Hotel, i Carabinieri, la gente; la GENTE, che ci cammina, in mezzo a questo letamaio, che ci parcheggia i motorini e le auto?
E’ agosto. L’unico ridicolo tentativo di intervento, questo cartello, arrugginisce fra i ruderi delle Terme (le quali, e possiamo fidarci della ricostruzione, dovevano essere più o meno così: certo un po’ meglio di adesso).
Arrivederci Roma, buone vacanze. Chissà cosa troveremo al ritorno.
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