Ci è sembrato che la recente foto ricordo che abbiamo dedicato a Lodovico Einaudi abbia stuzzicato i nostri lettori.
Allora siamo andati a frugare in fondo al nostro cassetto e ne abbiamo tirato fuori altre, non tutte ben riuscite naturalmente, e ve ne proponiamo un paio, stavolta senza i nomi.
Un giochetto da Settimana Enigmistica; vediamo se li riconoscete.
Roma, 16 ottobre 2010. Associazione l’Architasto, concerto per clavicembalo. Alla tastiera il nostro, massimo solista al mondo dello strumento. Un nordeuropeo fisicamente sobrio al limite del funereo.
All’applauso, immancabile perché lui è davvero perfetto, il maestro china il capo di un quarto di pollice, e su uno zigomo si intravede un guizzo che potrebbe anche essere un sorriso dal Polo Nord.
Un amico, che lo è andato a prendere alla stazione, aveva preparato sul lettore in macchina un CD di Beethoven. Appena l’ha acceso, il maestro ha fatto una faccia, poi ha chiesto di spegnere quella roba troppo moderna.
Quando suona, con la mano destra avvolta in un mezzo guanto di lana nera, dalla tastiera promana un torpore sublime. Ma non per la musica o per come lui la suona (benissimo), è solo perché il clavicembalo è uno strumento che parla senza mai cambiare umore.
Il piano e il forte verranno dopo; noi ora lo sappiamo, ma loro, all’epoca, no. Mozart aveva cominciato a scrivere i suoi concerti per cembalo, poi è passato al fortepiano, ma quando finalmente gli hanno portato a casa il primo vero pianoforte, ci si è buttato sopra e non l’ha più mollato; i risultati li conosciamo.
Gentleman, cantante, attore, ballerino, pianista, autore, entertainer di livello internazionale. Un uomo perbene, finito in galera forse per la malafede o magari solo per la cialtroneria di un presunto amico.
Martedì 22 settembre 2012, nella Sala Consiliare di Palazzo Valentini a Roma c’è stata una bella riunione, organizzata in modo impeccabile dalla moglie Rossana, per parlare del suo doppio CD curato da Paolo Mosele (bella copertina di Ugo Nespolo), del suo film “L’Illazione”, rimasto nel ripostiglio per tanto tempo, e del suo (non lo abbiamo ancora letto, ma tutti lo lodano) libro “L’erotismo di Oberdan Baciro”.
In realtà principalmente per ricordarlo, adesso che ci ha lasciati ormai da un paio d’anni.
C’erano molti anziani signori in giacca e cravatta: Gianni Letta, Pippo Baudo, Renzo Arbore, Enrico Vaime, Toni Concina, Dario Salvatori. Tutti in cravatta abbiamo detto. Non Dario. Salvatori, che conosciamo da anni, non ha mai cessato di stupirci per il suo stravagante abbigliamento, e per lo sterminato numero di capi che devono pendere in agguato nei suoi armadi, pronti a balzargli addosso quando esce; mai successo di vedergli la stessa giacchetta due volte.
Molte le amichevoli testimonianze; anzi frammenti di vero e proprio spettacolo. Da aspettarseli, data la presenza di professionisti come Baudo e Arbore. Che hanno invaso lo spazio, in teoria di esclusiva pertinenza del commemorato, e monopolizzato il microfono scavalcandosi con gustosi aneddoti e varie amenità. Se sei un carattere da palcoscenico, quasi sempre ti porti nello zaino un ego come dire, un po’ fuori misura, e ogni occasione è buona per fargli prendere aria.
Non guasterebbe in queste circostanze un minimo di distacco, cercare di non volerci essere a tutti i costi; ma evidentemente non ci si riesce. E siamo convinti che i nostri narcisi, di questa ipertrofia neanche se ne accorgono.
Professionale e più distaccato l’intervento alla tastiera di quel fior di pianista che è Rita Marcotulli. La quale ha allegramente strapazzato alla sua maniera quello scherzo musicale (certamente al di sotto dei tanti altri pezzi di lui) diventato comunque il più popolare di tutti: “El can de Trieste”.
A volte, col passare del tempo qualcosa che l’autore magari considera una scemenza acquista immeritatamente peso e apprezzamento, e poi non te la scrolli più di dosso.
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