N° 574 - Microbiografie irrispettose N° 4 - Clara Wieck Schumann

Una vittima: prima del padre, poi del marito, alla fine di sé stessa.

Clara nasce in un’epoca in cui per una donna il talento musicale era un semplice accessorio alla dote da portare al futuro marito.

Suo padre, Friederich Wieck, fabbricante di pianoforti, bravo insegnante di musica, ossessionato dal bisogno di veder confermate le sue capacità didattiche, riconosce immediatamente le doti di sua figlia e comincia a forgiarla, fin dai cinque anni con un metodo, certo duro, che però le dà una eccellente formazione. Il progetto è di farne una virtuosa di livello superiore, il che costituirà una ineccepibile testimonianza sulla bontà del suo sistema educativo.

A sette anni Clara passa già tre ore al giorno alla tastiera. A undici debutta con successo in concerto. Più o meno in quel periodo Robert Schumann, che ha nove anni più di lei, diventa allievo di Wieck padre.

Wieck accompagnava sempre la figlia; controllava i contratti, le sale, gli strumenti. Portava una borsa con gli attrezzi per accordare o riparare i pianoforti su cui avrebbe suonato Clara. Questo era indispensabile in un’epoca in cui i grancoda non viaggiavano e quindi spesso capitavano strumenti malmessi o scordati.

Nel 1835, anno importante, Clara trionfa nel suo primo grande concerto pubblico e lei e Robert si dichiarano amore eterno. Papà Wieck si infuria, caccia Robert e gli proibisce di rifarsi vivo. La sua preoccupazione di padre è probabilmente di non affidare la figlia a un giovane di talento ma squattrinato, mentre la sua paura di tutore (e tiranno) è certamente di perdere il suo investimento per il futuro, intuendo nel matrimonio, anche se felice, un ostacolo alla carriera dell’artista predestinata.

Il che puntualmente succederà.

 

I ragazzi, di fronte a questa incrollabile opposizione non possono fare altro che ricorrere al tribunale, che decreta per loro la possibilità di sposarsi senza il consenso paterno.

Ecco che Clara passa dalla schiavitù del padre a quella del marito.

La coppia possiede due magnifici pianoforti a coda. Quando compone, Robert esige assoluto silenzio, e allora, dato che le pareti di casa sono sottili, la povera Clara non può neanche pensare di avvicinarsi alla propria tastiera.

D’altra parte Clara è figlia del suo tempo e da una pagina del suo diario fa capolino la terza forma di schiavitù. Quella al costume dell’epoca e contro sé stessa: “Una volta credevo di avere talento creativo, ma sto cambiando idea: una donna non dovrebbe desiderare di comporre, mai una è stata capace di farlo, dovrei essere io quell’una? Sarebbe arrogante crederlo. Che sia Robert a creare, sempre! Questo deve rendermi sempre felice”.

E allora Clara si mette a dare lezioni, a occuparsi delle faccende domestiche e di tutti i figli che nel frattempo sono arrivati.

Finalmente cambiano appartamento; lì c’è lo spazio e l’isolamento acustico per i due pianoforti. La convivenza diventa più leggera, ma la sottomissione coniugale prosegue. Sempre dal diario di Clara: “Oggi ho iniziato per la prima volta dopo anni nuovamente a comporre; vorrei elaborare delle variazioni su un tema di Robert, per il suo compleanno”. Compone sì, ma come regalo per lui.

Dopo l’inferno che le ha fatto passare per tutte le manie, le depressioni, l’alcolismo, i tentati suicidi, gli attacchi di follia, Schumann muore lasciandola naturalmente senza un tallero, e Clara, che gli sopravvivrà di quarant’anni deve darsi da fare per mantenere i figli, quindi riprende l’attività solistica.

Così i 28 ottobre 1856, sistema i bambini qua e là, da parenti e amici e parte per il primo giro di spettacoli. Avanti così per anni: d’inverno concerti, d’estate bambini e preparazione del repertorio per la prossima stagione.

Per sua fortuna adesso ha un amico, Johannes Brahms, sempre presente con la sua devozione (da molti ci si chiede se questa devozione non sia anche un grande, discreto e incrollabile amore). Non si è mai saputo, tanta era, appunto, la discrezione.

Dopo qualche anno però cominciano a manifestarsi sempre più spesso grossi problemi di affaticamento, che poco alla volta diventano una vera e propria patologia, quella che i medici chiamano sindrome da sovraccarico, dovuta al continuo stress di mani, polsi e braccia nelle troppe ore di esercizi e di esibizioni alla tastiera.

Trova una cura che allevia ma non elimina il problema, per cui deve diminuire di molto la sua attività e soprattutto, con grande dispiacere, escludere dal suo repertorio i brani più faticosi anche se gratificanti, come i due concerti per pianoforte e orchestra del suo amico Brahms, che lei aveva contribuito a promuovere, ma che dopo l’esibizione la lasciavano sfinita.

Muore a settantasette anni ed è sepolta a Bonn insieme al marito Robert Schumann.

 

 

 

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