Il violinista Fritz Kreisler nasce ebreo, poi, a 12 anni lo battezzano. Studia al conservatorio di Vienna e a quello di Parigi, dove prende il diploma lo stesso anno del suo battesimo. E insieme vince la medaglia d’oro contro quaranta concorrenti, tutti più vecchi di lui.
L’anno dopo (appena compiuti i 13) debutta a New York, alla Steinway Hall e da lì prosegue per la sua prima tournee professionale. Poi torna in Austria e si presenta per un posto nella Filarmonica di Vienna, ma lo bocciano. Allora molla la musica e si mette a studiare medicina e pittura. Passa un breve periodo nell’esercito e poi, nel 1899, torna al violino per un trionfale concerto con la Filarmonica di Berlino, che gli dà la gloria.
Un tipo che non si risparmiava neanche fuori della musica: sposa Harriet Lies, una divorziata americana, ma poi devono ripetere la cerimonia tre volte in Europa a causa di complicazioni legali sorte dalla precedente situazione coniugale di lei. Non si conoscono i dettagli, sicuramente piccanti; peccato.
Prima Guerra Mondiale. E’ nell’esercito da cui è congedato con onore per una ferita riportata in azione. Suona con successo in Francia e Germania, ma poi, con le persecuzioni razziali, fa fagotto e se ne va definitivamente negli Stati Uniti, si naturalizza e con soddisfazione lì rimane.
Una marcata caratteristica di Kreisler era la voce che riusciva a tirar fuori dal suo violino. Critici e colleghi contemporanei giurano che bastava sentire una sua nota per riconoscere immediatamente la firma del suo, e solo del suo archetto (per non parlare dello strumento).
A proposito di strumenti: Kreisler ebbe fra le mani parecchi violini di altissima liuteria. Uno Stradivari, un Pietro Guarneri, un Giuseppe Guarneri, che lasciò in eredità alla Library of Congress di Washington e un Carlo Bergonzi.
Per chiudere, la sua celebre burla: nel programma dei suoi concerti erano sempre presenti brani di Vivaldi, Tartini e altri autori barocchi, che accendevano invariabilmente l’entusiasmo del pubblico e dei critici. Un bel giorno Kreisler confessò che i brani erano scritti alla maniera di, ma che l’autore vero era lui. Ai critici, seccati di essere stati presi in giro, Kreisler replicò: “Se queste musiche vi piacevano prima, devono piacervi anche adesso: sono cambiati i nomi, non la qualità”.
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