Prima di parlare di sofferenze e drammi della creatività adulta diamo un’occhiata a due passioni di Dvorak, che molto adulte non erano. I piccioni, per i quali andava matto; li allevava, li collezionava, ne seguiva le gare e le prodezze. E i treni. Era per lui una meravigliosa immersione nella favola andare a guardarli ai passaggi a livello, alle stazioni, parlare con macchinisti e fuochisti, farsi spiegare locomotive, scambi e binari. Un bambino. Ah, c’è un’altra notiziola interessante: gli astronomi hanno dato il suo nome a un cratere scoperto su Mercurio.
Antonin nasce a Nelahozeves, uno di quei villaggi centroeuropei dai nomi non proprio facili e prosegue la sua infanzia a Praga, dove suo padre ha una macelleria con locanda e suona la cetra. Papà lo vorrebbe macellaio e locandiere come lui; invece, per fortuna, accortosi del talento del figlio lo fa studiare e diplomare. Come tanti altri musicisti poveri, Dvorak comincia a guadagnarsi la vita suonicchiando qua e là viola e violino e dando lezioni.
A un certo punto si innamora di una sua allieva, che però non lo ricambia. Questo rifiuto lo ispira a comporre un bel ciclo di canzoni per voce e piano. Qualche anno dopo, non sappiamo se per ripicca o per amore, ne sposa la sorella minore. E vissero felici e contenti.
Per l’interessamento di Brahms, di cui è diventato grande amico, ottiene nel 1875 una borsa di studio statale, che gli permette di dedicarsi a tempo pieno alla composizione. Sempre Brahms lo mette in contatto con un importante editore che contribuisce alla diffusione e al successo della sua musica. Poi finalmente la svolta: su invito di una ricca ereditiera americana, Dvorak si trasferisce a New York per dirigere il Conservatorio Nazionale. Accetta la nomina a condizione che gli studenti poveri nativi americani e afroamericani siano ammessi gratis ai corsi.
In USA, dopo che in patria si era interessato ai canti popolari cechi e boemi, è incuriosito e approfondisce lo studio degli spiritual e dei gospel.
Dopo qualche anno oltreoceano, il richiamo della vecchia Europa lo riporta a Praga, dove diventa direttore del Conservatorio e muore contento nel 1904.
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