N° 635 - Microbiografie Irrispettose - Giuseppe Tartini 1692 - 1770

Archetto e fioretto. Giuseppe Tartini è un violinista sopraffino (“Il trillo del diavolo”), ma anche uno spadaccino imbattibile.

 

A Pirano, Serenissima Repubblica di Venezia, dove nasce, i suoi genitori, lo mettono a scuola all’Oratorio di S. Filippo Neri, poi lo mandano a Capodistria al Collegio dei Padri, tentando di farne un francescano, ma lui non ci sta e butta la tonaca.

A questo punto eccolo all’Università di Padova a studiare da avvocato. E’ talmente brillante che i compiti li finisce in pochi minuti. Il resto del tempo lo dedica alla sua grande passione del momento: la scherma.

Anche in questa diventa subito bravissimo ma tanto attaccabrighe da finire coinvolto in troppi duelli. Li vince tutti naturalmente, per la sua abilità, ma è comunque una faccenda che fa rumore. Allora decide di mollare l’università e andarsene a Parigi per diventare maestro d’armi.

Ma, colpo di scena, al momento di partire si innamora di una bella damigella, che per combinazione è nipote del cardinale arcivescovo di Padova, Giorgio Cornaro, il quale non gradisce affatto. Ma lui tanto fa che riesce a sposarla di nascosto.

Scandalo! Inseguito dalle ire di tutta la famiglia di lei e soprattutto da quelle del potente cardinale, scappa verso Roma, travestito da pellegrino, mentre la poveretta, su ordine dello zio, la chiudono in convento. Né a Roma né in altre città Giuseppe trova un rifugio; vaga spaventato finché finisce nel Sacro Convento di Assisi di cui è guardiano un suo parente che lo ospita per un paio d’anni con la speranza che il ragazzaccio riesca a mettere la testa a posto.

Intanto, visto che in convento la spada non è bene accetta, ha finalmente voglia e tempo di sguainare l’archetto e approfondire lo studio del violino e della musica in generale sotto la guida di un celebre professore boemo, Bohuslav Cernohorsky, che in quel periodo insegna ad Assisi.

E poi, forse a causa della vita ritirata che fa, riesce anche a migliorare il caratteraccio che aveva e diventa un signorino per bene, tanto che “Quando morì furono in molti a rimpiangerlo non solo per il suo genio ma anche per la sensibilità dimostrata nei confronti dei più deboli e degli indigenti cui aveva sempre prestato aiuto.”

E c’è anche il lieto fine. Mentre suona il violino durante una funzione nella chiesa del convento di Assisi nascosto dietro a una tenda, questa si sposta per una ventata e un padovano nel pubblico lo riconosce. Tartini pensa di essere fritto; invece scopre che non solo il cardinale cattivo lo ha perdonato, ma lo sta cercando per riconsegnargli la nipote, che nel frattempo ha tirato fuori dal convento.

 

Rientrato a Padova, è colpito dalla tecnica violinistica di Veracini che ascolta in un concerto. Decide allora di perfezionare ancora di più i suoi studi sull’uso dell’archetto. Inventa formule come questa: “Primo studio dev’essere l’appoggio dell’arco sulla corda siffattamente leggero che il primo principio della voce che si cava sia come un fiato e non come una percossa sulla corda”.

Diventa talmente bravo (sembra davvero che riesca bene in tutto) che dopo poco la Basilica di Sant’Antonio gli affida la direzione della sua orchestra, senza affrontare un esame, come si usava, e con l’autorizzazione ad assentarsi quando vuole senza nessuna riduzione del salario. Un massimo riconoscimento, simbolico, ma anche pratico.

Nel 1723 lo chiamano a Praga per suonare all’incoronazione dell’Imperatore di Boemia Carlo VI e fra una cosa e l’altra ci rimane ben tre anni, ma alla fine è costretto a scappare da quella città troppo fredda e se ne torna a Padova, dopo aver giurato di non accettare mai più (e rimane fedele al suo impegno) commissioni da uno straniero.

Nel ’28 fonda una scuola di violino, La Scuola delle Nazioni, a cui accorrono solisti da tutta Europa, tanto grande è la sua fama, e da quel momento diventa il “Maestro delle Nazioni”. Fra i suoi studenti c’è anche Antonio Salieri.

 

Questa vita, tutto sommato felice, che finisce tardissimo, a 88 anni, per uno scorbuto complicato da una gangrena, pare sia stata disturbata soprattutto da due fatti, che potrebbero anche essere solo pettegolezzi: le continue e insistenti richieste di denaro da parte della sua famiglia rimasta a Pirano, e un rapporto burrascoso con la mogliettina, a suo tempo tanto desiderata ma con gli anni trasformatasi in un’arpia.

In compenso risulta per certo che, sempre in questa lunga vita, Tartini abbia aiutato a sopravvivere più di una famiglia in povertà, salvato dalla strada parecchi orfani e dato lezioni gratis a giovani di talento senza mezzi per pagare.

 

Insomma, proprio una brava persona.

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