
Quando non sta al pianoforte lo trovi con un bicchiere in una mano, una forchetta nell’altra e, se possibile, un sigaro acceso nella terza. Perché mangiare, bere e festeggiare è il suo obiettivo appena ha due soldi in tasca.
Solo che non gli capita spesso di averli, quei due soldi, almeno nella prima parte della sua vita, con grande rovello di quella santa donna di sua moglie Aino.
La fortuna di Sibelius è non solo di essere un musicista eccellente, ma anche di vivere in un paese civile, la Finlandia, che, quando lui ha poco più di trent’anni, gli garantisce un sostegno economico, prima decennale poi vitalizio. Finalmente finisce la miseria e vanno (lui e Aino) a vivere nella villa di Ainola anche se, come vedremo, lui ci si mette d’impegno in varie occasioni, a tagliare la corda e spendere e spandere come se fosse un milionario.
E intanto compone la sua musica nordica, in cui si intuisce la natura invernale e addormentata delle leggende finniche; della quale un critico del Manchester Guardian scrive: “Mentre gli altri compositori sono impegnati nella preparazione di saporiti cocktail, lui serve al suo pubblico pura acqua gelida”.
Jean, presto orfano di padre, cresce in una famiglia di donne con l’unica presenza adulta maschile dello zio Pehr Sibelius, che gli insegna il violino. Suona spesso in trio con la sorella maggiore e il fratello Christian, che diventerà un eminente psichiatra. Altra civile abitudine familiare dei paesi nordici: il gruppo musicale di famiglia, da noi del tutto sconosciuto.
Malgrado la sua applicazione, a un certo punto è costretto a rinunciare allo strumento. Ecco come racconta questa traumatica decisione: “La mia tragedia è stata che volevo diventare a tutti i costi un violinista famoso. Ho suonato il violino dieci ore al giorno da quando avevo quindici anni ed è stato terribile quando mi sono reso conto che avevo cominciato la mia preparazione troppo tardi”.
Per un periodo studia legge, ma poi abbandona tutto per la musica che gli permette di sopravvivere come insegnante fino all’arrivo del benedetto vitalizio, dopo di che finalmente può dedicarsi alla composizione.
Nel 1899 gli eseguono la Prima Sinfonia, che ha un certo successo, e nello stesso programma anche un coro patriottico, il “Canto degli Ateniesi” che lo trasforma all’istante in un eroe nazionale. Da quel momento la sua fama comincia a crescere.
Come crescono le sue scappatelle a Helsinki, dove, lasciata a casa la povera Aino, nel 1903 passa un periodo di eccessi gastronomici e alcolici con una scia di conti non pagati nei ristoranti di lusso (ma nello steso tempo compone il celeberrimo Valzer Triste). La povera Aimo gli scrive e lo implora di tornare in famiglia e dai figli. Niente: Sibelius preferisce stare lontano da casa, non solo per bere, ma anche per lavorare.
Di nuovo nel 1907, altra fuga a Helsinki, altre spese folli, che evidentemente non si poteva permettere tanto che la povera Aino non regge allo stress di un marito come lui e deve essere ricoverata in un istituto. Pentito, Jean promette di ravvedersi e si dedica alla composizione della Terza Sinfonia. Torna la pace e la serenità in famiglia.
Intanto scoppia la Prima Guerra Mondiale e questo riduce drammaticamente l’arrivo dei diritti d’autore dall’estero; il pianoforte su cui lavora sta per essere pignorato, quando l’amica cantante Ida Ekmann, organizza una colletta che lo salva dalla bancarotta.
Qualche complicazione ci sarà anche all’epoca della rivoluzione russa che, data la pesante vicinanza con la Finlandia si ripercuote anche sulla sua vita e sulla famiglia con perquisizioni in casa e minacce di arresto.
Nel ’17 Sibelius ricomincia a bere pesantemente, e addio all’idillio coniugale. La Finlandia si dichiara indipendente dalla Russia e la “Jager March” composta in quell’occasione gli porta nuova popolarità e rinnovata serenità in quell’altalenante inferno che deve essere la sua vita coniugale (soprattutto per la povera Aino che probabilmente non trova nessun sollievo nell’alcool).
All’inizio del ’19 sceglie un nuovo look e si rade completamente i capelli mettendo in mostra quel capoccione per cui lo riconosciamo da allora in poi. Anni dopo sarà costretto a portare gli occhiali da vista, con i quali però non permetterà mai che lo fotografino. Curiose civetterie senili.
A dicembre 1920, per il suo compleanno, riceve una cospicua donazione di 63.000 marchi, con la quale salda una parte dei debiti, ma con il resto se ne va di nuovo a Helsinki per un’altra settimana di follie etiliche e gastronomiche.
Viaggia in Europa dirigendo le sue musiche con successi alterni. Trionfo a Gotenborg, malgrado salga sul podio alticcio. Finisce la Settima Sinfonia e la dirige a Stoccolma e in parecchie serate a Copenhagen con un ottimo successo.
Dopo questo periodo intenso ritorna ad Ainola per riposarsi, ma proprio qui un tremito alle mani, che era apparso poco prima, si intensifica e c’è il sospetto che per tenerlo sotto controllo, come una medicina, Sibelius ricorra sempre di più al bicchiere.
Negli anni ’40, all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, dopo aver dichiarato agli amici che non sarebbe mai riuscito a scrivere niente di meglio della sua Settima Sinfonia, Sibelius si scatena in un sabba di autodistruzione. Racconta Aino: “Mio marito riempì una cesta di suoi manoscritti, accese un falò e ce li buttò dentro. Non ebbi la forza di assistere e me ne andai. Quindi non so cosa abbia bruciato. Ma dopo la cerimonia, Jean si calmò e diventò quasi allegro.”
La sera del 20 settembre 1957 la lunga vita di Sibelius finisce ad Ainola per un’emorragia cerebrale. In quel momento la Radio Finlandese sta trasmettendo la sua Quinta, e l’Assemblea dell’ONU che è in riunione, si ferma per un minuto di silenzio. Il Presidente dichiara: “Sibelius apparteneva al mondo. Ha arricchito l’umanità con la sua musica”.
Aino Sibelius, la povera Aino, alla quale il compositore ha fatto vedere i sorci verdi tutta la vita, dura altri dodici anni e muore a novantasette per finire sepolta comunque accanto a lui nel giardino di Ainola.
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